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30 for 30: da settembre ad aprile. La rincorsa per il sogno

Immagine del redattore: EmanueleEmanuele

Quanto è più lunga la rincorsa, il periodo di preparazione, tanto più difficile sarà mantenere la barra a dritta.

Dopo l’avvenuta messa in cantiere del tentativo di record, si passa in fretta al passo successivo.

Se pensate che si possa preparare una cosa del genere mantenendo le stesse abitudini, mantenendo gli stessi allenamenti, dedicandogli lo stesso tempo, ecco, lasciate stare. Immagino che non vi siate posti minimamente il problema, cioè tentare o provare una cosa del genere in futuro ma la prima cosa che dovete sapere è che vi cambia la vita.

Quando con il coach ci mettemmo a tavolino per capire come muoverci per affrontare la preparazione per il 30 for 30, la prima cosa che affrontammo fu quella di capire quanto tempo avrei potuto mettere a disposizione per la preparazione. Per quanto tempo si intendeva e intende: quanto tempo al giorno. Avevo ben in mente che avrei dovuto fare dei sacrifici importanti sotto quell’aspetto, come anche su altri aspetti e misi in mano a lui (Alessandro Martelluzzi, Endurance Training) la responsabilità del mio tempo. Che significa? Significa che se lui avesse deciso che la settimana successiva avrei dovuto allenarmi 3 ore al giorno tutti i giorni io avrei dovuto trovare il tempo per quelle 3 ore tutti giorni. Partendo dal presupposto che trovare una mole di tempo del genere per un “povero” amatore, lavoratore, padre, compagno, non è per niente facile. Partendo altrettanto da un altro presupposto e cioè che allenarsi 3 ore duramente tutti i giorni è massacrante, deteriorante fisicamente e aggiungendo un altro presupposto che la mia era una scelta e non un obbligo partimmo con “gli ordini” di allenamento. A quelle tre ore ci arrivammo in maniera graduale anche perché la mia stagione agonistica si era chiusa ad agosto dopo XTERRA Repubblica Ceca che non andò benissimo e anche perché un dolore cronico ad una spalla mi aveva costretto per mesi ad allenarmi pochissimo in piscina. Cercammo di rimettere insieme dapprima una condizione generale decorosa e in secondis provare a limitare il dolore alla spalla sinistra che mi torturava (e mi tortura). Era ed è un dolore costante, non solo durante l’attività fisica. Cominciai una serie di cure, esami e visite per capire cosa fosse realmente. Un paio di diagnosi veloci nei mesi precedenti ci avevano messo parzialmente fuori strada. Intanto mi allenavo curando la corsa, la bicicletta, la postura, evitando totalmente di nuotare.

Onde d’urto prima, ultrasuoni poi non sortirono gli effetti sperati. Gli altri due passi erano: infiltrazioni o operazione. Eravamo ormai a dicembre e il Dr. Creta, che mi conosce dai tempi del brutto infortunio al ginocchio quando feci 11 mesi di riabilitazione all’Isokinetic di Bologna mi mise davanti alla realtà. L’operazione sarebbe stata la migliore strada ma aveva tre grandi incognite: la prima era che nessuno sarebbe stato in grado di garantire la soluzione del problema al 100%. La seconda era che se fosse andato qualcosa storto nel periodo post-operatorio non avrei fatto in tempo a rimettermi a posto per giugno. La terza era che se fosse andata male…Lo fermai: “Doc, parliamo delle infiltrazioni?”. Da lì a qualche minuto mi aveva già portato negli ambulatori in Villa Toniolo dove il Dr. Galletti avrebbe valutato la situazione con un eco. Lettino, Eco, il doc che con una penna comincia a fare dei disegni sulla mia spalla sinistra chiedendomi categoricamente di non muovermi. Aveva già deciso di infiltrarmi subito anche se io non lo sapevo ma ne venni a conoscenza presto, molto presto. Infiltrazione con ecografo sulla spalla ad aprire la strada verso una cavità strettissima dove sarebbe dovuto entrare l’ago. 5 minuti di infiltrazione. 5 minuti con un ago infilato nella spalla a cercare di iniettare i liquidi nel punto giusto. Fu risolutiva, almeno fino a qualche settimana fa, praticamente fino ad inizio quarantena. A loro detta l’effetto sarebbe dovuto durare meno di un mese, invece ne sono passati 4 e mezzo. Meglio, visto che costano quale "decina" di eurini l’una.

Tornando a noi, la preparazione per un’impresa del genere è davvero devastante sotto tanti punti di vista. Quello fisico, ovvio, quello economico e quello mentale, senza tralasciare aspetti nutrizionali, privazioni di rapporti umani, amici, orari, riposo. Ho ben in mente cosa voglio ottenere e come voglio ottenerlo. Il sogno tiene accesa la luce anche nei momenti più duri. Poi la quarantena, ma questa ve la racconto un’altra volta.

Emanuele

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