30 for 30: Una lunga, estrema cavalcata verso la gloria di un WORLD RECORD
Ciò che porta le persone a spingersi verso i confini inesplorati dei limiti fisici e mentali è difficile da stabilire e da comprendere. Era un giorno di settembre e da diverse settimane, dopo lo stop post XTERRA Czech causa problemi fisici, nella mia testa si era instillato un tarlo pericoloso che non riuscivo a gestire. Se devo essere sincero non riuscivo neanche a capire come quel tarlo fosse nato e si stesse autoalimentando senza che nessuno, compreso me, gli desse importanza. L’idea era troppo malsana per poter avere un seguito nella realtà e la ragione la ricacciava indietro cercando di farle perdere energia. Così però non accadeva e ogni tanto, involontariamente, mi ritrovavo a proporre l’idea alla mia compagna che mi guardava come se le stessi confessando un tradimento.
Un sabato decisi di prendere la via per Scanno. Dissi che sarei dovuto andare a parlare con gli organizzatori di XTERRA Italy e partii. In realtà era il richiamo ammaliante del borgo abruzzese che ciclicamente mi assale a farla da padrone. L’idea di poter aver anche una piccola scusa per andare a prendere un caffè con gli amici di XTERRA era di per sé appagante. Ci sedemmo di fronte ad una vetrata con una vista su Scanno che non conoscevo e da lì a qualche secondo spiegai il perché della mia visita. L’idea sembrava piacere ma, quanto era fattibile? Quanto ero convinto di potercela fare? Quanta fatica, tempo, dedizione, soldi, convinzione ci sarebbero voluti? Ma soprattutto: quanto ero disposto a rischiare per raggiungere l’obiettivo? Ero pronto a mettere in gioco la mia vita personale e professionale, il mio futuro da atleta estremo. Insomma, ero pronto a qualsiasi sacrificio pur di arrivare all’obiettivo. Tutto iniziò ad incastrarsi pian piano, un pezzo alla volta, e da lì a poche settimane quella che sembrava essere solamente una strana idea cominciava a diventare qualcosa di concreto. Immaginare di organizzare un “carrozzone” del genere per oltre 30 giorni sembrava davvero difficile. Trovare un team di persone disposte a seguirmi e supportarmi in questa impresa risultava essere qualcosa forse più grande delle attuali possibilità, organizzative ed economiche. Un pezzo alla volta il team si andava delineando. Per 30 giorni, un massaggiatore/fisioterapista, un medico, un nutrizionista, un assistente meccanico sarebbero vissuti in simbiosi per raggiungere un obiettivo tanto sfidante quanto unico. 30 albe nelle quali svegliarsi insieme, guardarsi con gli occhi di chi crede di essere parte di un’esperienza di vita unica e irripetibile. Sedersi, mangiare e ripassare ogni mattina la pianificazione giornaliera affinché tutto fosse al posto giusto al momento giusto evitando il prevedibile e abbassando la probabilità di un imprevisto.
30 pomeriggi in cui, sfiniti dalla giornata, avremmo ripetuto le stesse azioni, gli stessi movimenti fino a farli diventare routine, meccanismi di un team perfetto. Come in un box di F1 dove tutti sanno quello che fare, quando farlo, come farlo senza che nessuno lo ripeta più. 30 for 30 sarà questo. 30 for 30 sarà il tentativo di un record del mondo ma anche e soprattutto un’esperienza per dimostrare quanto lo sport sia aggregazione, fatica, team. Quanto un evento così estremo possa fondersi con la natura, rispettando i posti che ospitano l’impresa, valorizzandoli e regalandoli a chi non li ha ancora scoperti. Dare un esempio di perseveranza, speranza, convinzione che le imprese così nascono e si trasformano e così si autoalimentano e possono diventare realtà. Vale la pena solo per questo. Vale la pena anche solo per l’immortale sogno dell’essere umano di confrontarsi con se stesso e provare a vincere le proprie paure, i propri limiti mentali e fisici, i giudizi, i pregiudizi. Vale la pena, perché in sé la vita è una sfida e quella di uno sportivo appassionato lo è giorno dopo giorno, senza che ci sia mattina in cui la testa non lo porti verso la prossima.
Vale la pena esserci?
Emanuele Iannarilli
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