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  • Immagine del redattoreEmanuele

Quindicesimo giorno: il 30 for 30 aggira la boa.


Arrivare al quindicesimo giorno di XTERRA Italy Lake Scanno consecutivo in questo stato? Non me lo sarei mai aspettato. Non che sia una rosa appena sbocciata, ma non sono neanche quella stessa rosa appassita dopo giorni di canicola. Perché? Perché mi sento ancora così in forma? Perché ho ancora voglia e forza di andare avanti? Quando si prepara la “bozza” di un’avventura del genere si cerca di rimanere tra il realizzabile, il possibile e andare a cercare un limite, il proprio limite. In tutti questi giorni mi hanno supportato nelle varie attività al nostro piccolo villaggio ai bordi del lago di Scann, tanti professionisti che stanno accorrendo al mio “capezzale” per spingermi emotivamente e ad andare avanti, a non mollare, a portare a termine ciò che ho lanciato e ora mi sento in “dovere” di concludere. Perché? Per chi? In primis egoisticamente, per me.



Mi ripeto che non devo dimostrare nulla a nessuno. Ma allo stesso tempo mi dico che non è così. La prima persona alla quale io devo dimostrare qualcosa, ecco, sono io stesso. Devo e non voglio dimostrare ad Emanuele, che nella vita si possono fare delle scelte, a volte semi-drammatiche, per le quali devi essere disposto a rischiare forte, anzi a rischiare tutto, anche il tuo stesso lavoro. Era necessario? Non lo so, forse no, ma per me si. Per era importante concentrarmi su ciò che volevo fare per capire poi quale altra strada prendere.

Tornando a noi, oggi ho finito la prima parte della mia avventura. Il lavoro precedente alla partenza delle giornate, quello durante, l’attività fisica, quella di comunicazione mi stanno completamente inglobando in una realtà che sento totalmente mia. Mi sento parte dell’ambiente, mi sento parte di Scanno, della popolazione del borgo. Mi sento parte di tutto ciò che gira intorno a questo folle progetto nato in una notte di fine estate e finalmente arrivato a compimento, anzi, arrivato al 15 esimo giorno.


Fatica? Era prevista e prevedibile. Messa in conto e inserita in quella parte di cervello per essere decodificata e trasformata in divertimento. Da lì sono partito. Dal divertimento. Non c’è avventura, anche la più sofferta che possa prescindere dal divertimento. Dopo quindici giorni non ho il minimo dubbio che mi stia divertendo ancora ai livelli dei primi giorni. Anzi, probabile che ora mi diverta anche di più. I primi giorni li ho passati a dosare il gas per gestire e dosare le energie che sarebbero servite nel proseguo, cioè ora. Adesso il gas non devo più parzializzarlo io, si auto parzializza, si auto regola sulle energie rimaste permettendomi di continuare comunque a scalare i metri di dislivello che ogni giorno affronto in bici e di corsa. Lo sguardo spesso vaga, ma non può. Il terreno non lo permette, in discesa come in salita. C’è bisogno di essere sempre pronti a tutto. Non lotto contro il tempo, era una delle regole che ci siamo dati. Ma dentro di me volevo una sfida nella sfida e me ne sono dato uno. Un tempo totale di tutti e trenta i giorni entro il quale portare a termine il tentativo. Lo tengo per me, lo tengo per il mio personal challenge. Non è importante che venga sbandierato anche se qualcuno lo conosce e sa di cosa parlo.

Ora è tempo di guardare alla seconda metà dell’impresa. Come ho già detto e ripeto, non ci sono obiettivi minori o minimi. Ce n’è uno solo, trenta maledetti giorni. Punto.


Emanuele

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