Essere Cala Cimenti, deve essere stato un duro lavoro per lui. L’animo da esploratore, avventuriero, irrequieto e sempre col pensiero oltre ciò non deve essere stato facile. Lo racconta Cala quando in cima al Gasherbrum VII pensa di essere molto in anticipo sui suoi tempi di salita e di avere a disposizione tanti altri giorni prima del volo di ritorno verso l’Italia. Così scrive a Patata, sua moglie Erika, nel libro sempre chiamata con il suo nomignolo: “Ho diversi giorni prima della partenza. Pensavo di affittare una moto e girare il Pakistan”. Era in cima ad un quasi 7000 che aveva scalato portando con sé i suoi fedeli sci che avevano già sceso il Nanga Parbat qualche giorno prima.
Eppure, la sua mente, aveva avvertito il richiamo di guardare già oltre quell’avventura che, nonostante fosse in vetta avrebbe dovuto comunque concludersi con una discesa molto impegnativa e che gli riserverà un “fuori tema” che adrenalinico è dir poco. Il suo amico di cordata, Francesco Cassardo, precipita per oltre 200 metri mentre stava tentando di scendere la parete con gli sci.
L’inizio è di quelli al cardiopalma. Cala parte proprio con la descrizione di quegli attimi che gli sembrano gli ultimi in cui vede il suo amico vivo. Francesco vola verso valle perdendo buona parte dell’attrezzatura che ha addosso rimanendo mezzo nudo a circa 6300 metri di altitudine. Una corsa contro il tempo per salvarlo, una prova di forza, coraggio, tenacia, lucidità e freddezza che Cala regala al suo amico.
Qualche settimana prima però, Cala, si era guadagnato il rispetto del mondo dell’alpinismo portando a casa una prima assoluta sul Nanga Parbat, la montagna nuda, o killer. Uno degli ottomila più crudi e pericolosi in assoluto dove la statistica dice che il 20%, uno su cinque che tenta la vetta, non torna più a casa. Cala lo sale con una spedizione russa, a contatto con i più grandi alpinisti del mondo che recentemente hanno perso la vita sul K2, Sergi Mingote, Ali Sadpara (in appoggio alla spedizione), e lo discende quasi totalmente con gli sci ai piedi a differenza dei due suoi amici di cordata, i russi Vitaly Lazo e Anton Pugovkin, due bestie vere che devono però “inchinarsi” alla grandezza di Cala nella salita e nella discesa. Il contatto continuo con la moglie Erika che soffre e lo sostiene da casa narra di un legame inscindibile al quale Cala si attacca per trovare forze e motivazione nelle sue due imprese narrate nel libro. Un supporto morale amorevole che lo porta ad affrontare serenamente difficoltà immani nelle salite e nelle successive discese. Un rapporto che si eleva ancora di più durante la tragedia dell’amico Francesco sul Gasherbrum VII durante il quale Erika muove mari e monti per dare supporto morale e logistico ad una situazione disperata vicina agli spettri della morte, al congelamento, alla mancanza di lucidità dovuta all’altitudine e all’adrenalina del post incidente.
Nel film del recupero entrano attori importanti, alpinisti di grande calibro come Urubko, che avrà un ruolo determinante e Marco Confortola presenti al campo base dei Gasherbrum durante l’incidente. L’intervento dell’alpinista polacco insieme a Don Bowie, alpinista canadese, anch’egli presente al campo base e compagno di recupero con Urubko. Non ci si annoia, mai, fino al ritorno in Italia, fino a che le scorie dell’incidente non cominciano a scomparire nella mente di Cala che in qualche modo in alcuni momenti si sente responsabile di ciò che è accaduto al suo amico Francesco Cassardo. In tutto ciò is rivela determinante l’intervento della società Askary, che gestisce i voli di recupero sull’Himalaya purtroppo legati sempre al dio denaro e che spesso si rivelano tardivi proprio a causa di ciò.
Emanuele
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